Il pedagogista negli istituti medico-pedagogici

Nel 1899 furono fondati due istituti medico-pedagogici, uno in San Giovanni in Persiceto, sotto il patrocinio dell’Associazione Emiliana per la Protezione dei Fanciulli Deficienti, e l’altro a Firenze, con il nome di Istituto medico-pedagogico Umberto I, dove la validità dell’impegno del pedagogista nei confronti dei frenastenici è stata ampiamente testimoniata.
L’Istituto medico-pedagogico di San Giovanni in Persiceto, trasferito a Bertalia nel 1902, era destinato alla cura e all’educazione dei fanciulli deficienti o tardivi nello sviluppo mentale (affetti da idiotismo, imbecillità, semplicità di spirito, epilessia ecc) e di quelli che, per condizioni congenite anormali della loro mente, non potevano essere educati nelle scuole e nei collegi comuni.
I limiti ordinari d’età per l’ammissione a questo istituto la permanenza in esso erano dai 5 ai 16 anni e di età o più se si trattava di frenastenici “suscettibili di una qualche cura ed educazione”.
L’istituto era fornito di scuole speciali, officine e laboratori d’arti e mestieri, un impianto agricolo, una palestra con apparecchi di ginnastica medica ed ortopedica, una sezione idroterapica, gabinetti di massoterapia ed elettroterapia, oltre che di tutti i mezzi necessari “per l’esame antropologico, psichico e clinico”. Vi erano poi ambienti per ricreazione, teatro, sale per musica, giardini per passeggio e giochi all’aperto, refettori e dormitori in comune e a camere separate.
La domanda di ammissione poteva essere formulata dalle Province, dai Comuni e dagli istituti di beneficenza o altrimenti dal capofamiglia o dal tutore, e doveva essere corredata sempre da un certificato medico e preceduta da una visita della direzione medica (Istituto medico-pedagogico per la cura ed educazione dei frenastenici, 1903).
In Relazione e proposte all’andamento dell’Istituto medico-pedagogico di Bertalia, si legge che il numero dei ricoverati era di 322 di cui 81 dai 4 ai 10 anni, 131 dagli 11 ai 15 anni, 110 superiori ai 15 anni.
Alla relazione segue, a firma del prof. G. C. Ferrari, una sintesi sulle adeguatezze degli interventi a favore degli ospiti. Questi scrive: «La maggior parte dei deficienti può, mediante i mezzi e metodi opportuni, venire educata ed istruita; e ciò con una facilità, che deve sorprendere chi non abbia sufficiente conoscenza di questi ammalati» (1905).
Ferrari riteneva inoltre che, superata la terza classe elementare, questi soggetti dovessero trovare accesso nell’agricoltura, nel giardinaggio e nell’impiego industriale. Anche le bambine potevano, a suo parere, essere educate ad un lavoro utile come condurre a termine la lavorazione della canapa, iniziata dai maschi, cioè filare, tessere, far le calze, rammendare, cucire, oltre a mille piccole industrie, come quella di fare le scarpe di cimosa e con le suole di corda.
Specie per coloro che non sono idioti profondi ed apatici, epilettici gravissimi, paralizzati, è possibile sviluppare con metodi opportuni un tale automatismo di lavoro per cui possano compierlo senza fatica, anzi con soddisfazione, quando l’abitudine buona sia divenuta un bisogno a finalità utile […] allenandoli ad un lavoro meto­dico e continuato, si può dar loro la possibilità di divenire un giorno membri utili o per lo meno non del tutto passivi per la società (ibidem).
Nel 1911 l’istituto di Bertalia prese il nome di Istituto medico-pedagogico emiliano e in una pubblicazione dal titolo Programma, si ha conferma che alla direzione vi era un medico e che nell’area pedagogica agivano specialisti con abilità di osservazione, in ortofonia, per la correzione dei difetti del linguaggio, in lavori manuali, in educazione fisica, del canto e della musica, in lezioni collettive ed individuali. Questi operatori appositamente specializzati provvedevano, sotto la guida della direzione, a svolgere visite e stilare relazioni, oltre ad intervenire con metodi e sistemi particolarmente adatti per i soggetti che venivano loro affidati, evitando di costringerli a fatiche fisiche o intellettuali.
La struttura era provvista di una biblioteca ben fornita di pubblicazioni scientifiche, didattiche, educative e ricreative per accrescere la cultura dei medici, degli insegnanti e per occupare gli ospiti in letture proporzionate alle loro varie capacità intellettuali. Non mancava un consistente e vario materiale didattico. C’era inoltre un elegante teatro, fornito di scenari e vestiari appositi, di un impianto per proiezioni fisse e cinematografiche, di grammofono e pianoforte, che si prestava a svariati tipi di intrattenimento.
L’Istituto medico-pedagogico Umberto I di Firenze, voluto nel 1899 da Eugenio Modigliano, pediatra fiorentino, eretto in Ente Morale nel 1910 e convenzionato nel 1934 con il Ministero della Pubblica Istruzione accoglieva sia anormali psichici esterni che quelli già presenti nel reparto pedagogico dell’ospedale psichiatrico. Era specializzato per la cura, l’educazione, l’istruzione scolastica, l’apprendistato di fanciulli insufficienti mentali e caratteriali “recuperabili”.
L’ammissione era subordinata alla età, alla curabilità, alla scolarizzabilità; non venivano comunque ammessi fanciulli “affetti” da deformità fisiche rilevanti, e neppure da lesioni neurologiche «che impediscano una autonoma esplicazione di normali attività e richiedano particolare assistenza». L’età di ammissione era com­presa fra i 4 e i 12 anni, salvo deroghe per esclusivi criteri medico-pedagogici.
L’istituto disponeva di una direzione medica e di due servizi, uno psi­cologico e uno pedagogico.
Il primo constava di differenti settori di attività:

  • Scuola materna di preparazione e di adattamento alla scuola elementare. I soggetti vi ricevono le prime nozioni dell’ordine, della disciplina, del dovere, com­piono le prime esperienze di gruppo, iniziano i primi esercizi di lavoro mentale.
  • Classi di ortofonia: hanno il compito di curare i ri­tardi evolutivi del linguaggio, di correggere i difetti della pro­nuncia, di educare l’attenzione acustica. L’insegnamento ha ca­rattere individuale.
  • Scuola elementare: comprende le cinque classi ele­mentari con diluizione del programma scolastico in sette anni per lo sdoppiamento della prima e della quarta.
    Questo sdop­piamento, intenzionalmente previsto in momenti di particolare impegno del programma scolastico, consente nel più graduale svolgimento unapiù solida acquisizione di nozioni.
  • Sezione di disegno: seppure il disegno venga larga­mente praticato tanto nella scuola che nelle sezioni parascolastiche, si è inteso realizzare una apposita sezione di insegnamento specializzato con intenti psico-pedagogici e attitudinali. Questoinsegnamento usufruisce di una sua aula adeguatamente attrez­zata, ed oltre al compito di valorizzare attitudini specifiche, si propone di armonizzare la coordinazione psico-motrice, di stimolare il senso estetico, e di proporre nella pre­cisione esecutiva l’ordine e il senso delle proporzioni. L’inte­resse che per questo tipo di lavoro si risveglia, lo rende di particolare indicazione per sog­getti incostanti, irrequieti, in­disciplinati, ai quali fornisce un utile strumento di psicote­rapia.
  • Sezioni parascolastiche: han­no il compito complementare della scuola e ricreativo. Si tratta di locali ampi dove si svolgono numerose attività individuali e di gruppo, opportunamente guidate ed op­portunamente graduate: ritaglio, infilatura di perline, model­latura con la plastilina, costruzioni, intarsio, esecuzioni in pa­glia, in rame, in filo metallico, stampa del giornalino ecc.
  • Educazione fisica: si svolge in ampia palestra ed è aperta a tutti i ricoverati. Con essa si cura l’armonia, la precisione, la rapidità del movimento. Un’applicazione più individualizzata si ha in rapporto ad esigenze ortopediche o neuro-motorie.
  • Laboratori artigiani: comprendono per i maschi la falegnameria, la calzoleria, la legatoria, la pelletteria, la offi­cina; per le femmine il cucito e ricamo, la maglieria, la sartoria, la economia domestica (preparazione dei cibi e della tavola, stireria, rammendo ecc) (Levi, 1963).

In stretto collegamento con l’Istituto medico-pedagogico Umberto I, dal 1925, seconda in Italia, era attiva la Scuola Magistrale Ortofrenica di Firenze che aveva il compito di preparare gli insegnanti che intendevano dedicarsi alla educazione dei fanciulli anormali psichici, e forniva un diploma di specializzazione ortofrenica che autorizzava all’insegnamento in classi differenziali e in scuole speciali.
In una relazione di Sergio Levi sull’Istituto medico-pedagogico Umberto I, data alle stampe nel 1963, si legge:
[…] l’Istituto ha dimostrato che il metodo migliore anzi forse l’unico veramente efficace al raggiun­gimento di questi fini (il recupero sociale e l’elevazione spirituale dei fanciulli, N.d.A.), consiste nell’equilibrato e coordinato incontro fra pedo-psichiatria, psicologia e pedagogia […].
II problema della assistenza medico-pedagogica è ormai in fase di vivace movimento, sia per consapevolezza della opinione pubblica che per sensibilizzazione degli Enti assistenziali. Se non v’è dubbio infatti sul dovere d’intervento per una Società moderna e democratica, cui spetta la tutela di tutti i suoi mem­bri su di un piano di eguaglianza dei diritti fondamentali, non v’è parimente dubbio sulla validità sociale di una azione medico-­pedagogica ben condotta, che nel giovare al singolo giova alla collettività. E questa azione medico-pedagogica ha progressiva­mente chiarito il suo vero significato di bonifica sociale, tradu­cendo la spesa in investimento fecondo e produttivo.
Vi sono alla base di tutto il movimento medico-pedagogico in favore dei fanciulli insufficienti mentali alcuni principi […] anzitutto il principio che il fanciullo insufficiente mentale non sa utiliz­zare al completo le proprie capacità potenziali ed occorrono tecniche speciali. Le tecniche speciali hanno fornito amplia docu­mentazione delle loro possibilità, dimostrando di consentire quella massima utilizzazione di mezzi potenziali, che altrimenti destinati alla inerzia, sono invece spesso bastevoli al raggiun­gimento di una autonomia lavorativa e sociale. Una sempre meglio definita conoscenza di psico-genesi della insufficienza mentale conferma con nozioni di straordinario interesse dottri­nario questa constatazione pratica, perché chiarisce il significato profondo della interdipendenza funzionale tra i diversi settori dello sviluppo, ponendo in luce il fenomeno della inerzia secon­daria di settori originariamente efficienti, per il fatto della alte­razione di settori funzionalmente interdipendenti. Da ciò la importanza di quell’intervento precocissimo, che fornendo al bambino le stimolazioni che spontaneamente non cerca, e ren­dendogli significative quelle che spontaneamente non utilizza, favorisca continui processi di compensazione attiva (ibidem).
Più tardi fu aperto l’Istituto medico-pedagogico “Stella Maris” di Calambrone (PI), inizialmente privato, poi riconosciuto mediante una convenzione-statuto dalle Cliniche delle Malattie Nervose e Mentali e Pediatrica della Università di Pisa e dall’Opera Diocesana di Assistenza di San Miniato (PI). Era un internato per il recupero degli insufficienti mentali che accoglieva circa 200 bambini e adolescenti ed aveva una sede distaccata per l’addestramento professionale a Montalto di Faglia (PI). Nella sede di Calambrone operava anche un centro medico-psico-pedagogico con compiti di consulenza scolastica provinciale e svolgeva in esternato terapie del linguaggio e della psicomotricità per la riabilitazione dei disturbi neurofunzionali in vari settori.
L’istituto “Stella Maris” era sede di una Scuola Magistrale Ortofrenica autorizzata dal Ministero della Pubblica Istruzione. Fece proprio, fin dalla sua fondazione, il principio del lavoro in équipe tra vari specialisti compreso il pedagogista, affiancati strettamente, con intese comuni per un’opera paziente e prolungata, rivolta «a ridare la luce dello spirito a quanti si trovano in difficoltà» (Pfanner et alii, 1964). La direzione, sebbene medica, si è sempre dimostrata disponibile ad accogliere i nuovi orizzonti aperti della neurofisiologia, della psicodinamica e delle nuove tecniche pedagogiche di recupero scientificamente provate. Un intento perseguito con la pubblicazione dei «Quaderni» dell’istituto, il cui primo numero, a firma dei neuropsichiatri P. Pfanner e M. Marcheschi e del pedagogista Mario Brotini, dal titolo Il recupero dell’insufficiente mentale, fu pubblicato nel 1964, e della rivista, uscita nella primavera del 1972, «Rassegna Ortopedagogica», diretta da S. R. Catalano, in cui non mancavano importanti contributi scientifici dei pedagogisti impegnati in varie strutture.