Il pedagogista ha sempre aiutato l’uomo a sviluppare le proprie potenzialità, superare difficoltà, acquisire conoscenze e competenze adatte per fronteggiare i problemi della vita. L’arte pedagogica nasce e si esprime contemporaneamente a quella medica, ambedue trovano le loro radici alle origini della civiltà e danno vita a professioni che maturano contestualmente alla presa di coscienza dell’importanza di “prendersi cura” dell’altro (Pesci, Pesci, 2005).
La storia della pedagogia, intesa come “guida” e “accompagnamento”, può essere ricostruita partendo dalla scuola, dai diritti del fanciullo, dal sostegno e dall’aiuto che la persona in difficoltà poteva ricevere per mezzo di attenzioni educative. Il pedagogista in Italia si è trovato a dare risposte utili per la crescita di soggetti normali come anche dei diversi, ossia di coloro che a seconda dei periodi storici e delle relative culture la società ha definito “mostri” o “spiriti del male” (Pesci, 1977).
Nel XIV secolo alcuni pedagogisti italiani iniziarono ad impegnarsi a favore dei sordomuti, giudicati nel mondo antico individui inferiori, mentecatti e ineducabili perché incapaci di pensare e di apprendere (Cantagalli, 2000). Bartolo della Marca d’Ancona (1314-1357), in particolare, ipotizzò che i non udenti potessero essere educati sia con il linguaggio articolato che con quello dei segni. In seguito Girolamo Cardano (1501-1576) si disse convinto che si potesse insegnare ai sordi a comprendere leggendo e a parlare scrivendo. Anche in altre nazioni in questo periodo pedagogisti e educatori intervengono in aiuto di questi soggetti, confermando così la possibilità di una loro educabilità.
Nel passato era opinione comune che anche i ciechi non fossero suscettibili di educazione e di istruzione, ma i pedagogisti, specie a partire dal XVIII secolo si trovarono impegnati a definire anche per loro percorsi educativi utili al fine di garantire una vita di relazione (Pesci, Pesci, 2005, pp. 42-45).
Le risposte pedagogiche di aiuto alla persona hanno sempre dimostrato la loro insostituibilità anche a favore di soggetti con difficoltà psichiche; una palese dimostrazione di questo si ebbe a partire dal XVII secolo, periodo in cui l’oscurantismo, la superstizione e l’atmosfera culturale consentivano di accusare di possessione demoniaca, torturare e uccidere le persone vittime di handicap mentale, considerate “diverse”, stolte o “viziose”. Fu in queste situazioni di grande disagio che la filantropia dell’illuminismo trovò la sua grande esposizione in una pedagogia teorica e operativa intesa a prodigare cure e attenzioni con la convinzione e la certezza che ogni soggetto in difficoltà fosse suscettibile di miglioramento. Alla fine del Settecento, la fede nella scienza e nei lumi della ragione portò a una svolta nell’atteggiamento sociale verso gli handicappati, compresi quelli internati nei manicomi. È a Philippe Pinel che, nominato direttore della Bicêtre, il più grande manicomio di Parigi, si deve un cambiamento radicale nel trattamento dei pazienti dei manicomi. A Edouard Séguin, pedagogista, l’aver sostanziato l’educazione degli “idioti” con metodi ampiamente provati dalle sue lunghe ricerche ed il metodo che seguiva il principio dell’educabilità e i quale dirà: «Aspettando che la medicina guarisca gli idioti ho cominciato a farli partecipi del fatto di beneficiare della educazione», con un metodo che «ricerco in me stesso», mentre altri «prendono a prestito dalla scienza bella e pronta nei libri». E, mentre il Séguin gettava i semi di una pedagogia innovativa a favore dei soggetti definiti “idioti”, in Italia, Antonio Gonnelli-Cioni, fondò il primo istituto italiano per frenastenici sostituendo questo termine a quello di “idioti” e dando inizio all’opera del loro recupero e della loro integrazione nella società. Per frenastenici si intendono, diceva, «tutti coloro che manifestano uno stato di infermità congenita o acquisita che ostacola lo sviluppo organico e funzionale» (cit. in Pesci, 1999). L’educazione degli allievi era basata sul metodo intuitivo-pratico-razionale e divisa in fisica, intellettuale e tecnica, che definì metodo ortofrenico, titolo della sua stessa rivista L’ortofrenica e metodo con l’insegnamento del quale il Gonnelli-Cioni apre a Milano la prima Scuola Ortofrenica, dando inizio al corso di ortofrenia, rivolto a quegli insegnanti che intendevano intraprendere la carriera di educatori dei frenastenici. Questo corso anticipava le Scuole Magistrali Ortofreniche, la prima delle quali fu fondata nel 1900 a Roma da Giuseppe Ferruccio Montesano e diretta da Maria Montessori.
Come il Gonnelli-Cioni, anche la Montessori occupa un posto importante nella storia della pedagogia. Maria Montessori, medico e pedagogista, definì il suo metodo “medico-pedagogico” rivolto ad aiutare la persona a seguire il proprio percorso evolutivo, a migliorarsi per una esistenza più equilibrata. Montessori che trova nella straordinaria pedagogista è Jolanda Cervellati (1897-1966), una partner insostituibile.
Il pedagogista ha continuato a prendersi cura di coloro che venivano ricoverati nei manicomi o in appositi istituti di isolamento e detenzione ed è al Majetti, giudice animato da intenti pedagogici che dobbiamo l’apertura a Roma del primo Rifugio (11 novembre 1909) «unico nel suo genere e che di minorenni redimeva a centinaia! Strappati dall’ozio della cella». Su suo esempio i rifugi aperti furono sempre più numerosi e così anche i laboratori di educazione professionale, come si apprende da alcuni articoli di F. Mastrigli e I. Bastioni (1931; 1932). Inoltre, per tentare il recupero pedagogico del delinquente al fine di “correggerlo ed emendarlo anziché punirlo” fu istituita una casa di correzione che non superava i 15 ricoverati: sistema famiglia, poi definita “Casa-Famiglia”.
Tante le esperienze che ben evidenziano l’impegno costante e instancabile del l’educatore e del pedagogista per favorire le persone in condizioni di disagio.