Nuova Pedagogia. Oltre la psicologia verso la pedagogia

L’esperienza dimostra che la sola analisi psicologica non è sufficiente per costituire una esauriente base empirica della pedagogia che richiede ben più della conoscenza dei processi psichici del bambino isolati dalla sua vita fisica e dall’intero complesso intricato delle circostanze di vita sotto la cui influenza il soggetto gradualmente cresce e matura. Il pedagogista deve cercare di arrivare ad una visione d’insieme del bambino e più precisamente ad una visione d’insieme del singolo individuo e del suo sviluppo.
Per raggiungere questo obiettivo oltre alla (certamente indispensabile) familiarità con la vita interiore del soggetto ci vogliono come presupposti:
1. Una chiara visione della vita fisica; dobbiamo conoscere la particolarità dell’organismo in generale, la conformazione e le prestazioni dei suoi organi, la sua resistenza alla stanchezza, le sue capacità di recupero, gli specifici rischi, la tendenza alle malattie, l’andamento del suo sviluppo fisico, il contesto dello sviluppo fisico e mentale ecc., ecc.; dobbiamo disporre di tutte queste conoscenze e risalire in particolare al nesso individuale tra capacità fisiche e mentali. Per essere in grado di valutare e trattare correttamente ogni soggetto il pedagogista deve formarsi una propria idea del singolo individuo nella sua interezza fisico-mentale. Un pedagogista che intende valutare soltanto le prestazioni mentali molto spesso farà un torto chiedendo al soggetto di fare delle cose che non è in grado di realizzare a causa di una debolezza fisica e quindi appellerà invano alla volontà del soggetto laddove soltanto il trattamento fisico sarà in grado di operare un miglioramento. Alcuni esempi: un alunno che continua ad essere distratto a causa di una respirazione inibita dall’irritazione delle mucose nasali o delle tonsille rischia una punizione se ha a che fare con un insegnante facilmente irritabile; una punizione che per forza non sortirebbe alcun effetto; anzi, all’alunno verrebbe fatto un grave torto, mentre un semplice intervento medico potrebbe eliminare il problema. Un insegnante che ignora l’esistenza di alunni specificamente stancabili, che non considera come questi subiscono gravi danni a causa di circostanze di vita come la malnutrizione, la malattia, una distanza troppo grande dalla scuola ecc. corre il rischio di chiedere ad alcuni dei suoi alunni molto più di quanto siano in grado di dare e solo perché non tiene conto della vita fisica del bambino.
2.La pedagogia ha bisogno di una visione completa della generale dipendenza dell’intera vita giovanile dalle circostanze di vita esterne e soprattutto sociali nelle quali cresce. Le analisi antropometriche, psicologiche ed etiche del bambino (in particolare le prove sull’intelligenza) ci dimostrano come il bambino sia solitamente e principalmente un prodotto del proprio ambiente. È vero che ogni bambino esprime molto presto i suoi talenti individuali e la sua spontanea vita mentale – a volte addirittura in contrasto con il proprio ambiente – ma per la grande maggioranza dei bambini vale la regola che subiscono – fino agli anni della pubertà e spesso anche oltre – in modo fisico e psichico l’influenza di forze esterne. Il bambino cresciuto in campagna ha caratteristiche che lo distinguono dal bambino metropolitano a sua volta differente dal bambino cittadino; il bambino dei ceti inferiori si sviluppa in modo diverso (e solitamente con un ritardo fisico) rispetto al bambino proveniente dai ceti sociali più agiati. Questi effetti prodotti dall’ambiente devono essere noti all’insegnante se vuole comportarsi in modo giusto nei confronti dei suoi alunni. Un pedagogo che conosce tutte queste influenze esterne al primo contatto con un nuovo alunno saprà subito che potrà aspettarsi determinate peculiarità del bambino causate dall’ambiente da cui proviene. L’insegnante sarà così in grado di valutare queste peculiarità in modo più giusto e più corretto rispetto a chi le attribuisce erroneamente alla sola individualità del bambino.
3. La pedologia oltre alle condizioni esterne di vita tiene conto anche delle stesse circostanze educative. A differenza della psicologia infantile generica non ha infatti a che fare solo con la vita interiore ed astratta del bambino ma considera il bambino nel modo in cui ci si presenta come individuo educato ed influenzato dalla generazione adulta. La pedologia cerca di vedere il legame tra il bambino stesso e l’insieme di queste circostanze educative, le condizioni culturali ed istruttive, gli impulsi economici e scientifici di una determinata epoca ecc., ecc.
4. Ed infine la psicologia infantile tende a limitarsi troppo alla fase dell’infanzia nello sviluppo della persona giovane; la pedologia cerca piuttosto di estendere la propria ricerca all’intero periodo di crescita della persona, fino al passaggio ad una condizione fisica e mentale con cui consideriamo relativamente terminato il processo di crescita; pensiamo qui ad aspetti esteriori come la fine della crescita fisica e ad aspetti interiori quali soprattutto l’autonomia mentale e l’autodeterminazione pratica e morale della persona giovane; questi fenomeni avvengono all’incirca ad un’età che va dai 20 ai 25 anni.
Per tutti questi motivi la pedagogia empirica non può basarsi sulla psicologia infantile bensì unicamente sulla pedologia intesa però non solo come esprime la parola greca alla fase infantile ma anche a quella dell’adolescenza.