La pedagogia del passato, dei grandi educatori da cui apprendiamo tanta ammirevole esperienza, impone di rintracciare ed esporre quanto il problema pedagogico sia coestensivo nel tempo all’esistenza umana ed essenziale alla vita di ogni persona.
Dalla storia della pedagogia si rintraccia la grande importanza della Grecia nel condurre il cittadino delle pòleis al compiuto ideale di uomo, inteso come esplicazione di tutte le energie e di tutte le doti della natura umana, l’apertura a tutti i valori umani, espresso comprensivamente dal termine greco areté. La pedagogia in quel glorioso periodo si è animata dei principi dell’armonia e della euritmia, ed ha reso tangibile come fossero tendenziali per l’integralità della formazione sostenuta dalla calocagathia, fusione di abilità, capacità, saggezza, cultura e prudenza. Un periodo storico, a partire dall’epoca omerica fino a tutto il periodo ellenistico (1000 a C. – 500 d. C. circa), da cui la pedagogia ha tratto significativi orientamenti su come promuovere sollecitazioni utili all’evoluzione dell’uomo. Un proficuo periodo in cui incontriamo l’Umanesimo sofista, espressione dei pre-socratici e l’Umanesimo socratico la cui via maestra tracciata da Socrate è percorsa da Platone che destina alla pedagogia un fine sociale e una selezione educativa per coprire i diversi ranghi della società. Il grande discepolo di Platone, Aristotele, apporta innovazioni alla paideia con una accentuazione nella specificazione della felicità come armonico sviluppo e perfezione di tutte le capacità dell’uomo, e rende la pedagogia più concreta includendo l’educazione fisica attraverso la ginnastica.
La paideia mantiene il suo fascino anche dopo la conquista della Grecia da parte di Roma, che la arricchisce con le caratteristiche della «mens romana», una pedagogia che destina alla famiglia maggior senso di dedizione, una più forte coscienza della responsabilità diretta dei genitori sull’educazione e una impronta di praticità e concretezza. All’ideale greco, con Roma si è aggiunta la caratteristica virtus romana il cui programma educativo è rivolto a rendere perfetto l’uomo adulto e a non preoccuparsi del bambino, ciò che spiega anche il nome di Humanitas con cui da Cicerone è reso latino il parallelo concetto greco di paideia, oltre a ciò un prevalente interesse per la scuola di retorica e per il maestro retore anziché per il ludimagister o il grammaticus, impegnati nelle scuole inferiori, considerati non preparati in campo educativo. Al programma di cultura superiore di Cicerone seguì Seneca il quale all’abbondanza delle nozioni preferisce la conquista personale della virtù, una educazione intellettuale e un atteggiamento ascetico-stoico nella cura del corpo ordinata a farne un sano strumento dell’anima. A Quintiliano che fa proprio l’ideale culturale educativo dell’oratore già sostenuto da Cicerone e da Seneca, si devono i principi e la pratica pedagogica, precorritrice della pedagogia attiva, l’esaltazione dell’opera educativa della famiglia e l’importanza dell’educazione fin dalla prima infanzia, considerata un indispensabile curriculum per il perfetto oratore. Il contributo di Roma all’ideale della paideia sostanziata da praticità e di concretezza, attraverso cui la pedagogia Umanistica-classica riapparirà con rinnovata efficienza sulla scena, dopo un lungo periodo di decadenza, con il denominato Nuovo Umanesimo che coincide con la prima fase del Rinascimento, a partire dal 1400. Un ritorno dell’ideale culturale-pedagogico umanistico classico, con significative conseguenze sulla nostra cultura (in G. Pesci (2016). Pedagogia Pedagogisti. Firenze, Edizioni Scientifiche ISFAR)