Pedagogia e educazione nel XX° secolo

Positivismo e pedagogia sperimentale ci portano alle soglie dei contributi dei  pedagogisti del XX° secolo che, a seguito di una selezione, vengono evidenziati con dei tratti essenziali, adatti a produrre la distinzione e la validità dei principi sostenuti e degli orientamenti metodologici indicati.
Édouard Claparède (1873-1940), contemporaneo di Piaget, tra tante opere pedagogiche che ha scritto, in un’opera è fondamentale, «L’educazione funzionale», sostiene la riconosciuta evoluzione dei bisogni in funzione dell’età del soggetto, e le coesistenti necessità biologiche e sociali. Due teorie complementari, una che sostiene il principio che la società debba permettere all’individuo di affermarsi in quanto persona e di avere il ruolo che gli compete, che è quello di essere cittadino di una società, concetto condiviso col Dewey, e  l’altra il bisogno della persona di raggiungere il suo scopo. Un atto che se non è collegato ad un bisogno, secondo Claparède, è una cosa contro natura che la scuola tradizionale si ostina ad ottenere dai suoi disgraziati allievi, far fare loro, dalla mattina alla sera e dal gennaio a dicembre, delle cose che non rispondono ad alcun bisogno e che si pensa di suscitarlo ricorrendo ad una serie di mezzi, punizioni, cattivi punti, ricompense, esami, minacce ecc., che hanno l’efficacia che ognuno conosce. Modelli educativi dimentichi che ogni atto deve essere sempre funzionale, cioè deve avere sempre come caratteristica quella di realizzare i fini capaci di far sviluppare il bisogno che lo ha fatto nascere. Ne deriva che l’educatore non potrà più essere un formatore di anime in senso tradizionale, o, come molto spesso avviene, un trasmettitore di cognizioni con il proposito di sollecitare il più possibile l’avvento dell’età adulta, o, più negativamente, un imbottitore di crani, ma dovrà essere uno stimolatore di interessi individuali che potranno essere inizialmente percettivi, poi glossici, quindi strutturati sui “perché”, fino agli interessi speciali ed obiettivi. L’educazione funzionale si propone per questo come solida base scientifica per tutta la corrente della Scuola Attiva. Ciò spiega perché la corrente funzionalista ha respinto le concezioni behavioriste che hanno alimentato le strategie della pedagogia istruttiva, atomistica, che voleva vedere scomposte le nozioni da imparare, per sostenere la concezione di tipo globale che considera la persona nella sua unità.  Il punto di vista funzionale permette di stabilire leggi che esprimono delle relazioni costanti esistenti tra determinate forme di condotta e determinate situazioni. Tali leggi autorizzano delle deduzioni, delle applicazioni e sono concretamente utili. Per Claparède le leggi che regolano la condotta, quando la si consideri dal punto di vista funzionale, sono:
Legge del bisogno: enunciato sulla coordinazione fondamentale tra il bisogno e le reazioni adatte alla sua soddisfazione; ogni bisogno tende a provocare le reazioni adatte a soddisfarlo.
Legge dell’estensione della vita mentale: lo sviluppo della vita mentale è proporzionale alla differenza esistente tra i bisogni ed i mezzi per soddisfarli.
Legge di anticipazione: ogni bisogno che, per la sua stessa natura, rischia di non poter essere immediatamente soddisfatto, si manifesta anticipatamente (cioè prima che la vita sia in pericolo).
Legge dell’interesse: ogni condotta è dettata da un interesse. Cioè ogni azione consiste nel raggiungere il fine che ci preme in un dato momento.
Legge dell’interesse momentaneo: in ogni istante un organismo agisce seguendo la via del suo maggior interesse, o come viene esposta in una seconda formula: in ogni momento, è l’istinto che più preme, quello che sopravanza gli altri.
Legge della riproduzione del simile: ogni bisogno tende a riprodurre le reazioni (o situazioni) che gli sono state anteriormente giovevoli, a ripetere la condotta che è riuscita precedentemente in una simile circostanza.
Legge del tentativo: quando la situazione è così nuova che non richiama alcuna associazione di similitudine, o quando la ripetizione del simile è inefficace, il bisogno fa sviluppare una serie di reazioni di ricerca, reazioni di prove, di tentativi.
Legge di compensazione: quando l’equilibrio rotto non può essere ristabilito da una reazione adeguata, esso è compensato da una reazione contraria alla reazione che suscita.
Legge dell’autonomia funzionale: in ogni momento del suo sviluppo un essere animale costituisce un’unità funzionale, cioè le sue capacità di reazione sono appropriate ai suoi bisogni (1912 [tr. it. 1952, pp. 32-58]).
John Dewey (1859-1952), maestro dell’attivismo americano, sostiene che il pensiero si esercita non fuori dell’azione, ma sperimentalmente nell’azione stessa, attivismo è quindi sperimentalismo. L’opera  educativa secondo Dewey, nega  la pura  teoreticità  del pensiero,  rispettando   lo   sviluppo    spontaneo    del   bambino deve svolgersi  in  concretezza  di situazioni  e  in  perfetta fusione di teoria e pratica. Egli ripudia  la  scuola  puramente  classica  e  teorica, e dà valore alla necessità  del  lavoro  nella  scuola, come occasione di educazione  e sostanziale  applicazione  sperimentale  del  pensiero. La scuola deve rimanere aperta alla totalità  delle esperienze, favorire la socializzazione e sopprimere la differenziazione in indirizzi  scolastici. La pedagogia sostanziarsi quindi di una rinuncia   al   despotismo   antipsicologico   dei   programmi, rispondere   ai          reali  interessi  dell’allievo e ad una maggiore connessione tra scuola e vita. La corrente funzionalista del Dewey persegue l’adattamento del soggetto all’ambiente socio-culturale che lo circonda mantenendo le sue proprie caratteristiche. Non una orientazione da confondersi con un certo condizionamento sociale bensì una concezione che dà la giusta importanza al ruolo dell’ambiente sociale e di adattarsi ad esso in maniera da permettere all’individuo di affermarsi nella società in quanto persona e permetterle di avere il ruolo che le compete, quello di essere cittadino di una società. Non sfugge che la corrente funzionale si è sviluppata in opposizione alla corrente comportamentista di Watson e Skinner, emersa nello stesso periodo, e che sostanzia il criterio della pedagogia istruttiva.
Rosa Agazzi (1866-1951), assieme alla sorella minore Carolina, ancor prima del Decroly e della Montessori fu una delle più grandi rinnovatrici dell’educazione infantile in senso attivistico. Nel 1892 istituì un Asilo modello  in cui operò una geniale riforma  pedagogica. Essa fu sostenuta da vivi interessi psicologici, biologici, e spirituali-religiosi che la guidarono al rispetto di impegni pedagogici e  didattici, e nell’individuare valide risorse nell’ambiente. Per l’Agazzi il bambino è un essere attivo, stimolato nel suo intimo da forze che ne determinano lo sviluppo, perciò scopo dell’educazione è quello di promuovere il libero sviluppo  di queste forze  in un ambiente in cui egli si abitua ad operare da sé. Il nome di Asilo viene poi mutato in “Scuola materna” e ciò indica  l’orientamento dello spirito  educativo:  « creare  attorno  al  bambino  un  ambiente il quale  s’accordi   con  la  vita  domestica  e  sociale,  fonte  inesauribile   di mezzi  educativi ». La maestra assume il ruolo di madre che vive con i suoi bambini, in un ambiente che intende rispecchiare la vita familiare, il rispetto dell’ordine, di pulizia, il senso di responsabilità personale e solidarietà collettiva. Il materiale didattico, che costituisce il «museo didattico» o «museo delle cianfrusaglie», è quello raccolto dalle tasche dei bambini, quindi semplice; cianfrusaglie che si potevano trovare dappertutto, come biglie, bottoni, chiodi, sassi…inserito in dei sacchetti o delle scatole, distinto per forma, materia dimensione, numero, e dato di volta in volta a ciascuno per fare enumerazioni, associazioni, comparazioni, classificazioni…. Degno di rilievo è anche il sistema dei contrassegni con cui si introduce l’apprendimento del nome o della cosa esposta, il gioco e l’educazione  fisica, giochi  di  movimento con  ritmi  e canti,  l’educazione  igienica con il «regno  dell’acqua», la vita  operosa, con le  occupazioni   di  casa,  il giardinaggio, o  «l’arte delle piccole mani», l’educazione intellettuale, lezioni  di cose e esercizi di lingua parlata, l’educazione religiosa e morale, profondamente sentita e sapientemente realizzata. Tutto mirabilmente  fuso col naturale svolgersi giornaliero della vita del bambino.
Maria Montessori (1870-1952), è una grande rinnovatrice dell’educazione infantile in senso attivistico. Anche lei, come il Decroly, giunge alla pedagogia dalla medicina, interessata  all’educazione dei bambini ed in particolare dei bambini disabili. Impegnata ad aiutare i bambini disabili segue i metodi di Séguin e del Gonnelli-Cioni e si rende conto che non avevano nulla di speciale  e che sarebbero stati convenienti per tutti i bambini. Il metodo che ne scaturì venne realizzato nella Casa dei bambini, una scuola da lei condotta, metodo seguito poi in tutto il mondo. Esso è esposto nell’opera “Il metodo della pedagogia scientifica  applicata all’educazione infantile”, in cui mostra come i princìpi ispiratori siano quelli dell’attivismo, dell’autoeducazione, della libertà e spontaneità  di movimento,  scoperta  e rispondenza agli interessi. Essa volendo eliminare gli ostacoli che i bambini avrebbero potuto trovare nel loro sviluppo, crea un ambiente adatto alla loro statura, alle loro esigenze, sia per  proporzioni,  peso,  colore dei mobili e degli oggetti, ariosità, spaziosità,  luminosità, una casa che essi amano e in cui si trovano bene. Anche il materiale didattico è inteso come necessario ai bambini  per favorire la loro libera attività  rendendo possibile la libera autocorrezione. Con questo orientamento metodologico la maestra-insegnante del passato diviene direttrice e lascia al piccolo la più ampia libertà pur stando vicina e se necessario aiutarlo ad valersi dell’ambiente. All’educazione   individuale,  e il sostenuto spirito di osservazione e riflessione si presentano scarsi i momenti di socializzazione (in G. Pesci (2016). Pedagogia Pedagogisti. Firenze, Edizioni Scientifiche ISFAR).