La posizione di Vygotskij sulla pedologia è apparsa in un articolo (senza firma) nella rivista «Pedologia» 1929, 3. L’autore a proposito scrive:
“Pedologia è un indirizzo della pedagogia borghese, nato in Occidente alla fine del XIX inizio del XX secolo e largamente diffuso negli Stati Uniti, in Inghilterra e in altri paesi. Si basa sull’idea reazionaria del condizionamento fatale del destino dei bambini da parte dei fattori biologici, dell’influenza ereditaria e dell’ambiente abituale. Con l’aiuto di una serie di determinati test, i pedagoghi misurano quantitativamente il cosiddetto coefficiente di sviluppo intellettivo, il Q.I., la cui grandezza determina le possibilità del bambino. Tra la fine degli anni ‘20 e l’inizio degli anni ‘30, questa teoria, si è abbastanza diffusa in URSS e ha apportato notevoli danni alla pedagogia generale e speciale e alla psicologia. In quegli anni, le scuole differenziali hanno iniziato a moltiplicarsi rapidamente e a riempirsi non di bambini mentalmente ritardati, ma di bambini pedagogicamente trascurati, di alunni indisciplinati e di bambini che per diversi motivi non avevano superato i test”. Vygotskij, a proposito, mostra con convinzione la antiscientificità e la nocività della pratica allora esistente delle misurazioni puramente quantitative dell’intelletto, soprattutto nella diagnostica del ritardo mentale. La posizione di Vygotskij nel valutare la pedologia del suo tempo non si discosta dalla valutazione del Comitato Centrale del partito (1936) «Sulle deviazioni pedologiche nel sistema del Narkompros», che considera questo punto di vista fenomenologico, capace solo di condurre inevitabilmente a stabilire dei rapporti falsi, al travisamento della realtà, a un orientamento erroneo per l’azione, per quanto essa giudichi la realtà e i rapporti che si trovano alla sua base, identificandoli con i suoi sintomi, quando «il compito principale dello studio del ritardo è lo studio dello sviluppo del bambino e delle leggi che regolano questo sviluppo».